Werner Herzog

Regista

Wikipedia. Nicolas Genin

Il talento di Werner Herzog è eccezionalmente poliedrico e inquieto. Viaggiatore incallito, scrittore, poeta, critico cinematografico, regista di corto e lungometraggi, documentari, opere teatrali e liriche, nel corso della sua opera è possibile individuare un unico filo conduttore: la necessità di trovare o costruire immagini assolutamente pure, estreme e irripetibili. La sua è un’esigenza di cinema del tutto istintiva e primaria, legata a una visione quasi panteistica del mondo. Herzog, come tutti i suoi personaggi, è un anarchico radicale che sfida continuamente se stesso e la propria esistenza. Realizza i propri film in giro per il mondo alla continua ricerca di immagini e situazioni sorprendenti. Nel ’67, gira il suo primo lungometraggio, Segni di vita, nel quale il soldato Stroszek, abbandonato durante la Seconda guerra mondiale nell’isola di Cos, impazzisce e intraprende una folle ribellione che finirà inevitabilmente frustrata. La ribellione è poi ciò che accomuna tutti i protagonisti herzoghiani: i nani di Anche i nani hanno cominciato da piccoli (1969), il condottiero di Aguirre il furore di Dio (1972), gli attori ipnotizzati di Cuore di vetro (1976), il vampiro di Nosferatu (1978), Fitzcarraldo (1979), gli aborigeni australiani di Dove sognano le formiche verdi (1985), il bandito avventuriero, trovato fra le pagine di Bruce Chatwin, del Cobra Verde (1990), il granitico scalatore di Grido di pietra (1991). Tutti questi personaggi rappresentano un modello di uomo vicino all’Ulisse dantesco, un essere che si ribella al proprio destino di creatura limitata e parziale per abbattere le pareti dei propri confini, per intraprendere imprese titaniche, che inesorabilmente la sua condizione limitata gli impedisce di portare a termine. Herzog è consapevole che l’uomo non può opporsi al proprio destino, ma è anche convinto che nel tentativo di combatterlo ritrova la reale grandezza della propria natura: la folle pretesa di somiglianza con Dio che lo porta a cercare di dominare forze più grandi, come la natura e la storia.
La ricerca della natura primordiale dell’uomo, delle sue manifestazioni più libere, pure e selvagge, è il tema de L’enigma di Kaspar Hauser (1974), ispirato al mito del ragazzo selvaggio, colui che non sa nulla, che è privo di ogni forma di cultura, imprevedibile e imprevisto dal sistema sociale. Al contempo però è disponibile (e indifeso) verso qualunque aspetto di vita, cultura e linguaggio.
Dopo capolavori come Fata Morgana, sulla devastazione del deserto africano, Paese del silenzio e dell’oscurità, sugli istituti per sordo-ciechi (creature che vivono un incubo ricorrente nel cinema di Herzog: l’impossibilità di comunicare), La Soufriere, attesa eroica e incosciente dell’eruzione di un vulcano dell’isola di Guadalupe, Herzog è tornato, negli ultimi anni, a realizzare documentari. Risalgono agli anni Ottanta e Novanta La montagna lucenteEchi da un paese oscuro e Apocalisse sul deserto, resoconto delle conseguenze della guerra del Golfo. Questo ritorno al documentario appare come l’evoluzione naturale di un regista sempre più interessato a compiere e testimoniare imprese irripetibili, piuttosto che a raccontare storie. Percorso naturale per un autore che, alla costruzione di un meccanismo narrativo, ha sempre preferito la profonda poesia degli attimi sublimi e atroci dell’esistenza umana, alla monotonia della quotidianità ha sostituito la vitalità del pericolo e della ribellione, seppure inutile.
Herzog ha curato anche numerose  regie liriche fra cui: Doktor Faustus di Ferruccio Busoni,  Teatro Comunale di Bologna; Lohengrin di Richard Wagner, Festival di Bayreuth;  La donna del lago di Gioachino Rossini, Teatro alla Scala di Milano;  L’olandese volante di Richard Wagner, Opéra Bastille a Parigi; Tannhauser di Richard Wagner, Teatro de la Maestranza di Siviglia, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Massimo di Palermo, Baltimore Opera, Teatro Municipal di Rio de Janeiro, Houston Grand Opera; Fidelio di Ludwig van Beethoven, Teatro alla Scala; Parsifal di Richard Wagner, Palau de les Arts, Valencia.